
È bastata una sola trasferta perché ci innamorassimo di ciò che l’Istria offre a chi non chiede altro che perdersi tra i suoi boschi e le sue doline. Così, dopo solo due settimane ci ritroviamo in viaggio verso Est.
Della compagnia della scorsa volta siamo rimasti in tre ma abbiamo il lusso di viaggiare a bordo di un super accessoriato e confortevole furgone che sarà anche il nostro tetto per la notte.
Non manca niente e si va avanti tranquilli, almeno finché, invece di procedere verso la Slovenia, decidiamo di esplorare i più bei cavalcavia della periferia triestina, immersi in un incantevole aroma di petrolio.
Dopo questa piccola deviazione accidentale ma di indubbio valore paesaggistico e culturale, si riprende la via fino alla sosta per la cena.
In un caratteristico e raffinato locale sloveno, consumeremo quella che ogni nutrizionista consiglierebbe come ideale cena pre-gara: un hamburger leggermente sovradimensionato a base di salsa rosa e cipolla in cui il pane e l’hamburger non fanno che da contorno.
Un’ora ancora di viaggio e si giunge alla meta, il vivace paese di Žminj (Gimino per chi non è hrvatski-friendly). Sono da poco passate le 22 e durante il giro turistico non si è vista una persona, forse un gatto.


Però si capisce che sono simpatici dal trattamento che riservano a chi parcheggia in divieto di sosta. E chissà cosa ha fatto il tipo dentro ad un cassonetto appeso a un palo a 10 metri da terra.
Ci arrendiamo all’evidenza che nessuno ci accoglierà in un locale e torniamo al furgone per aiutare la digestione del panino aggiungendo una buona dose di panettone farcito. L’ipotesi della movida non ancora iniziata viene smentita dalla notte tranquilla e soprattutto da 178 identici rintocchi suonati dalle campane con il timbro più sgraziato che si sia mai sentito. Alle 6.
Panettone, caffè e strudel per partire leggeri. Mario e Pont correranno nella categoria Ultra e sono così carichi per affrontare i 42km che riescono ad arrivare tardi al briefing nonostante fosse a 50m dal parcheggio. Dopotutto, che c’erano due punti in cui in zona era probabile cadere per non riemergere mai più, già si sapeva. Il resto non poteva essere poi così importante. Quindi, a pochi minuti di distanza, partono entrambi.
Così resto sola e abbandonata in attesa della mia partenza per percorrere solo 25km, un’ora scarsa dopo.
Nel briefing in croato ho come l’impressione che venga spiegato qualcosa in più rispetto a quello che mi viene detto. Ma non credo di voler sapere altro dopo che la mia traduttrice personale mi rassicura affermando che alcune strade sono segnate ma non ci sono e altre non sono segnate ma ci sono. Deduco che la carta rappresenti più che altro una vaga idea di quello che troverò.
Vedo solo 2 colori, e alla fine di questa seconda gara non avrò ancora ben chiaro cosa rappresenti l’uno e cosa l’altro.




Diversamente da due settimane fa parto con un enorme vantaggio, ovvero non 2′ dopo gli altri. Almeno all’inizio ho compagnia. Infatti sfrutto la situazione correndo troppo e seminando ben presto tutte le donzelle, che non rivedrò almeno fino all’esito del mio primo colpo di genio.
Al punto 1 ci si arriva facile, così facile che c’è la fila a punzonare e con la mia stazza e arroganza mi passano davanti più o meno tutti. Per il punto 2 scelgo tutto sommato un percorso decente.
Dal 2 al 3 credo di prendere qualche insulto da un contadino, ma per quanto intendo la sua lingua poteva pure essere che mi stava facendo il tifo. Mi districo discretamente bene tra le strade-non-strade salvo poi piantarmi in zona punto cercando di interpretare dei suggerimenti non richiesti di un tipo. Peccato che intenda le sue parole quanto quelle del contadino.
Mai ascoltare gli altri, soprattutto se non li capisci.
Valuto il percorso per arrivare al punto 4: proseguire per la strada da cui arrivavo e passare da nord non era forse la scelta più breve ma la più sicura sì. Però vedo tutti che vanno verso sud-est e la voce della mia autostima mi dice: “sarà meglio di lì”.
Mai seguire gli altri.
Soprattutto se non sai dove vanno. Soprattutto se ti accorgi che neanche loro sanno dove vanno. Soprattutto se dopo quanto detto ti ritrovi ad avere gli altri che seguono te in un’inversione di ruoli sospesa in una cieca fiducia reciproca e assolutamente immotivata.
Quindi insieme a questo gruppetto di istriani doc persi più di me, vaghiamo finché incrociamo altri che ci indicano la retta via 500m più avanti.
Al punto 4 trovo ben due avversarie e lì capisco che la mia prima decisione da pollo è stata premiata.
Al 14 credo di arrivarci più guidata dagli spiriti celesti che dal mio intuito ma non perdo troppo tempo e non mi lamento. 14-15: scelta in sicurezza e tranquilla. Trovo quasi subito la lanterna, mi fermo un attimo per accertarmi di non fare boiate e con una rara sicurezza in me, ignoro gli altri e parto convinta verso la 16.
Il mio bellissimo sentiero però si perde dopo neanche 100 metri e sempre grazie alla mia capacità di concentrazione di un criceto e alla presenza di troppa gente, riesco a non avere più la minima idea di dove mi trovi e in tempo zero parte il panico. Così mi guardo intorno per scegliere la dolina in cui lanciarmi e lasciarmi morire di vergogna e disperazione.
Importuno in modo eccessivo chiunque mi capiti a tiro, rendendomi abbastanza fastidiosa e non guadagnandoci assolutamente nulla se non “sto cercando la 15” “potremmo essere qui o lì o là” “siamo da queste parti”. Per cui l’operazione ricollocamento non dà esiti positivi e mi fa perdere buona parte della mia dignità.
Ritrovo i miei amici istriani e stavolta, nella disperazione, scelgo di fidarmi. Supplico colui che già da Brtonigla era mio fan di non abbandonarmi almeno finché non avessi capito esattamente dove mi trovassi. Quindi una volta sulla strada, che ci aspettavamo fosse asfaltata ma non lo era e vabenelostesso, faccio la splendida e parto a correre, staccandoli nonostante mi muovessi ad una velocità comunque imbarazzante.




Arriva poi il triste momento in cui non potevo far altro che abbandonare la strada per lanciarmi in un nulla inframezzato da sentieri tutt’altro che affidabili e muretti verso i quali viene ancora meno spontaneo riporre fiducia.
Seppur non proprio secondo una linea retta arrivo al 16 e l’autostima risale quanto basta per farmi perdere 300 metri dopo.
Alla 17 ci arrivo aggregandomi ad un gruppetto cui chiedo dopo averli seguiti per un po’ alla cieca se sanno dove stanno andando o se tirano a indovinare. La seconda. Mi sembrava comunque un’ipotesi migliore rispetto a stare a guardarmi intorno smarrita e sola. Da quel punto, guardando la carta, sento che, se gli spiriti celesti mi daranno ancora una mano, potrei anche arrivare alla fine senza troppi problemi.
Per il punto 11 faccio una scelta più lunga ma arrivo dritta e mi accontento; per il 12 mi appoggio ad un lungo tratto su asfaltata (non era ben chiaro se fosse consentito, comunque avevo gran compagnia) per poi impegnarmi a non seguire altri che tagliano prima e procedere secondo il mio percorso. Da lì al 13 mi dico che se mi perdo mi lancio davvero in una dolina. Fortunatamente non succede e con gli insulti che iniziano ad arrivare dalle gambe e l’orologio che mi informa che ho compiuto il ventinovesimo km, arrivo all’ultimo punto.
Ora resta solo da azzeccare quale delle rampe che salgono verso l’arrivo è quella giusta e sforzarsi di mostrarsi in splendida forma all’obiettivo del fotografo.

Alla richiesta di controllo del materiale mi metto in un’onesta quinta posizione assumendo che mentre vagavo nel nulla e correvo senza certezze, qualcuna ha scelto delle vie percorribili e mi ha passata in assoluta tranquillità. Cosa che, con eccessiva incredulità, scopro non essere vera quando mi dicono che sono prima. Non avrò punzonato qualcosa. Idiota come sono. E invece no.
Mario arriva 5 minuti dopo di me, in 4h29’. Sembra anche quasi vivo ma poco dopo si accartoccia sul pavimento del furgone e si lamenta dicendo che muore. Tanto si sa che parla per niente e passate due ore rifarebbe un altro giro…“è solo un bambino dalla memoria corta” (cit.).
Pont arriva in 5h 10’ e risulta palese che abbia fatto questi 42km solo per essere nelle condizioni di poter provare e apprezzare notevolmente la nuova doccia del furgone.




Pasta, birra e premiazioni. Per questo primo posto non posso però non dire che mi sento in colpa per tutte le persone che ho importunato nelle 3 ore e mezza di gara.
Mario era invece secondo al punto di controllo a metà gara ma poi ha pensato bene di perdersi per conquistare un tristissimo quarto posto grazie a una seconda parte di gara a tempo di record (negativo) per il quale non ha trovato niente e nessuno a cui dare la colpa.
Infatti anche se ormai si trova dall’altra parte del mondo dice che sta ancora cercando la 9…però risulta classificato quindi forse qualcuno dovrebbe dirgli che l’ha trovata.
Per quanto riguarda la carta ammette di avere -forse- capito a metà della seconda gara in queste terre cosa rappresentano i colori. Pont risulta invece quindicesimo e soddisfatto di essere stato abbandonato dalle gambe ben 10km dopo rispetto alla scorsa volta.
Si riparte e l’attività più interessante nelle 5 ore di viaggio è decifrare la lunga scritta che si trova sul retro della maglietta e che secondo un’ipotesi molto fantasiosa mi immagino possa essere un’antica leggenda istriana. Purtroppo potremo avere forse una vaga idea di quello che realmente dice solo dopo un corso triennale di Istarski Treking Kup, dal momento che un traduttore non aiuta molto proponendo passi del tipo: “devi abbandonare le candele di dragon glacier, glossary shoaners, luglio e bambola”. Dopo un master forse sapremo tradurre anche il glagolitico croato scritto sul fronte.

Comunque avevo deciso di andare solo perché la maglietta con la capretta albina mi piaceva troppo per non portarmela a casa 🙂
